Attraversare il Mediterraneo via traghetto con il proprio mezzo e sbarcare a Tunisi è già un salto in un altro mondo. Il nostro viaggio è iniziato così: un piccolo gruppo di appassionati di fuoristrada, qualche giorno di vacanza intorno a Pasqua, e tanta voglia di sabbia e orizzonti infiniti.
Dopo lo sbarco ci siamo diretti verso Hammamet, dove la prima immersione nella cultura tunisina è stata tra i vicoli della medina: un labirinto di colori, profumi e architetture tradizionali, che racconta ancora oggi il fascino arabo-andaluso.
Proseguendo verso sud abbiamo attraversato paesini che sembravano usciti da un set cinematografico – e in effetti lo sono: qui George Lucas ha girato alcune delle scene più iconiche di Guerre Stellari. Le case troglodite scavate nella roccia custodiscono la freschezza e il silenzio del deserto, e in una di esse ci siamo fermati per bere il tè alla menta con i locali – un momento autentico, semplice e indimenticabile.

La vera avventura, però, è cominciata a Douz, porta del Sahara. Una cittadina polverosa e affascinante, che pare ancora popolata da creature immaginarie e contrabbandieri. Da qui, abbiamo iniziato i nostri cinque giorni nel deserto vero e proprio, tre notti in campo mobile, completamente immersi in un paesaggio primordiale.
Il mio mezzo per questa spedizione era un Toyota 4Runner Turbo Diesel 2.4 del 1995, una storica tuttofare a cui non manca il carattere. Affidabile, robusta, con un’anima analogica che dà soddisfazione a ogni cambiata e affronta i percorsi più ostici con grinta.
Grazie a una leggera pioggia caduta nei giorni precedenti, il fondo sabbioso si è compattato, facilitando la marcia sulle piste. Ma le dune, si sa, non perdonano distrazioni: pressione gomme abbassata (intorno a 1.2 bar), piede leggero e ben dosato sull’acceleratore, traiettorie morbide. In salita, mai fermarsi a metà: o si sale o si riprova, e la gestione della potenza è fondamentale per evitare l’insabbiamento.
Fabio, il nostro leader, è stato impeccabile: sempre davanti a tracciare il percorso più sicuro, ha condiviso con tutti i partecipanti tecniche di guida, segreti su lettura del terreno e soluzioni rapide a piccoli problemi meccanici. Grazie a lui abbiamo superato alcuni tratti impegnativi, incluso un paio di guasti risolti in tempo record con una calma e competenza rare.
Le notti nel deserto sono state pura magia. Lontani da tutto, solo
sabbia, fuoco, e una volta stellata mozzafiato. Durante il periodo
pasquale le Liridi hanno illuminato il cielo con stelle cadenti a
ogni ora. La sera abbiamo assistito alla preparazione del pane
tradizionale, cotto direttamente sotto la sabbia calda, come si fa da
secoli.
L’ultima tappa prima del rientro è stata l’oasi di Ksar Ghilane, un piccolo angolo di paradiso con palme, una sorgente termale e qualche struttura spartana per il ristoro. Un perfetto arrivederci al deserto, tra relax e riflessioni sulle emozioni vissute.
Siamo tornati impolverati, euforici e uniti. Il deserto, con le sue sfide, i suoi silenzi e le sue sorprese, ha trasformato un gruppo di sconosciuti in una squadra. Questo non è stato solo un viaggio in fuoristrada: è stata un’esperienza che rimane, come la sabbia che ancora trovi nei vestiti giorni dopo il rientro.
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